2012年 02月 18日 土曜日 10:18
Direttamente dalla Russia arrivano queste cinque ragazze, le Blackthorn (monicker peraltro abbastanza diffuso nel panorama metal, se ne contano parecchie di band con questo nome). Al di là della sorpresa di trovarsi a che fare con una band totalmente al femminile, fenomeno relativamente raro nell’heavy metal, bisogna innanzitutto specificare che non abbiamo a che fare con un gruppo alle prime armi. Nate nel 2004, questo Codex Archaos rappresenta il terzo full-length pubblicato dal quintetto di Mosca, dopo l’esordio Gossamer Witchcraft e Araneum, entrambi del 2009.
Gothic metal è la proposta musicale dei Blackthorn, con doppia voce pulita e harsh (la prima ad appannaggio di Aina, fondatrice della band, la seconda ad opera della chitarrista e tastierista Elvira Alchemida). Con queste premesse, potrebbe apparire ovvia la possibilità di ascoltare un disco piatto e che sappia di già sentito minuto dopo minuto. Se l’originalità non è la più grande dote del quintetto russo, certamente, tuttavia, non si può parlare di brani vuoti e scontati. Le ragazze ci sanno fare, come dimostra l’iniziale Vehemence Came as Anodyne (introdotta dall’intro sinfonica Divination in Blood). Blast-beat e chitarre decise ci guidano attraverso i brani di Codex Archaos, che risente anche dell’influenza del symphonic black metal dei Dimmu Borgir o dei migliori Cradle of Filth (quelli di Dusk and her Embrace o Cruelty and the Beast, per intenderci). Atmosfere tenebrose, un interessante alternarsi di voci e, soprattutto, un uso del basso mai banale rendono questo terzo album un prodotto decisamente ben fatto in un panorama gothic spesso privo di idee. Per carità, le ragazze moscovite non inventano niente di nuovo, ma il loro gothic venato di tinte black e symphonic sa catturare e si fa ascoltare senza traumi. Mai banale, poi, l’uso di violini e synth, che fanno da contraltare melodico al drumming e ai riff di stampo decisamente metal. L’appeal facile e l’ovvietà non sono propri di Codex Archaos, a cui giova anche una buona produzione. Da apprezzare la durata contenuta del disco, circa 44 minuti: spesso capita di incontrare band i cui album sono zeppi di riempitivi e che fanno della lunghezza di un pezzo o del disco un vanto. Meglio l’approccio senza fronzoli dei Blackthorn.
Certamente il quintetto russo non è il paladino dell’originalità in musica né tantomeno è lecito parlare di Codex Archaos in termini di capolavoro. Si tratta, però, di un disco godibilissimo, consigliato a chi voglia conoscere le nuove proposte gothic provenienti dall’Est Europa, terra ultimamente molto ricca di band semisconosciute dalle capacità decisamente interessanti.
68/100
Livio Ghilardi