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Best albums of 2009

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1. Devendra Banhart - What Will We Be (Warner)
Devendra Banhart passa alla Warner, la stessa etichetta di Paris Hilton: una mossa che potrebbe essere mal vista dai puristi. Eppure questo disco mantiene inalterate le caratteristiche essenziali della sua personalità musicale: un sincretismo musicale che coniuga in una miscela del tutto personale le più disparate influenze, dal tropicalismo brasiliano ai Roxy Music, dai Doors alle raffinate effusioni jazz. Oltre a questo, una questione d'affetto: due concerti in neanche venti giorni, in due stati diversi.

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2. Animal Collective - Merriweather Post Pavilion (Domino)
Controverse riflessioni concernenti il concetto del bello hanno contrapposto me e la mia amica Verde Anita nell'analisi del fenomeno Animal Collective. Nonostante la mia grande stima nei suoi confronti, non mi sento di svalutare il merito di questo album. Una versione psichedelica dei Beach Boys. Una vera e propria immersione in un mare di onde elettroniche, in cui lo sperimentalismo più sfrenato sembra placarsi a favore di una virtuosa e matura via di mezzo: si tratta in definitiva di un disco trascinante ma non pretenzioso, orecchiabile senza essere mai banale. Visti in concerto a Marzo al Rolling Stone di Milano: peccato per l'acustica non proprio ottimale.

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3. Akron/Family - Set 'em Wild, Set 'em Free (Dead Oceans)
Veramente un ottimo lavoro questo Set 'em Wild, Set 'em Free, per un gruppo che come Akron/Family si era così saldamente ancorato ai cardini del prewar folk. Sembra quasi che la perdita di Ryan Vanderhoof abbia favorito un approccio ancora più aperto e originale, che accosta ora agli elementi folk-rock e psichedelici escursioni funky e elettroniche. Prima tappa estiva della stagione di Interzona, in concerto ti trascinano in un'atmosfera freak e weird che ricorda gli hippy di un tempo.

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4. Antony & the Johnsons - The Crying Light (Secretly Canadian)
Alle sue spalle, una schiera di illustri fan (tra cui il buon vecchio Devendra e le CocoRosie). Una sensibilità artistica unica nel panorama musicale, una classe rara e un timbro che farebbe vibrare le emozioni più sopite rendono questo disco un capolavoro destinato a sopravvivere allo scorrere del tempo. Ormai affermata icona del mondo transgender, Antony mostra, in una gemma di raffinato songwriting orchestrale, il suo dolore, la sua malinconia e il percorso verso la ricerca di una nuova felicità.

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5. John Parish and Polly Jean Harvey - A Woman A Man Walked By (Island)
Una storia d'amore alt-rock che continua da 20 anni. Una coppia musicale che gioca il suo straordinario successo sul contrasto: la voce inquieta, a volte eterea a volte strillante di lei; il sound pacato e maturo della chitarra di lui. Un disco intenso, incisivo e sintetico che considera diversi spunti: classic rock, alt rock, grunge, folk, elettronici, kraut. Un continuo alternarsi tra urla spasmodiche e distorsioni taglienti da un lato, ipnotiche ballate dall'altro.

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6. Au Revoir Simone - Still Night Still Light (Moshi Moshi)
Curioso come abbia conosciuto questo gruppo. Giugno, periodo di esami, vado in bagno ad espletare i miei normali bisogni fisiologici (di solito una scusa per leggere qualcosa di più interessante), apro la patinata rivista Repubblica delle Donne e scopro un servizio su questo trio di belle ragazze. Mi colpisce che siano diventate le cocche di un regista del calibro di Lynch, e anziché continuare a studiare preferisco scaricare la loro discografia. Still Night Still Light è un delicato intreccio di tastiere e drum machine; il classico disco che puoi ascoltare in qualsiasi situazione, non chiede troppa attenzione ma ti entra di prepotenza nel cervello.

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7. Andrew Bird - Noble Beast (Fat Possum / Bella Union)
C'è chi nasce fortunato, e questo è sicuramente il caso di Andrew Bird: polistrumentista provetto bello e intonato, songwriter di talento ed abile fischiettatore. Un album che ti culla con leggerezza nelle sue dolci melodie di corde pizzicate e nei volteggi armonici di soffici voci. Un disco pop che merita tutto il nostro rispetto.

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8. Grizzly Bear - Veckatimest (Warp)
Quando per la prima volta vedo lo spot della nuova Peugeot 5008, da subito ho l'impressione di conoscere la colonna sonora; dopo qualche secondo urlo: " ma questa è Two Weeks dei Grizzly Bear!", mentre i miei inquilini mi guardano con fare interrogativo. Ennesimo gruppo alt-folk con nome ferino, esprimono tuttavia nei loro lavori una personalità del tutto originale, che non nasconde il superamento di qualche iniziale difficoltà d'ascolto. Armonie inusuali, soffici cori che si elevano leggermente verso l'alto, improvvise variazioni ritmiche e tematiche vanno a costruire un'architettura musicale insolita ma comunque spontanea.

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9. The xx - xx (Young Turks)
Ottimo disco d'esordio per questa band londinese, il vero suono indie dell'anno. Un album decisamente ispirato, asciutto e diretto, dal sound ora limpido ora oscuro e sensuale, giocato sulla contrapposizione tra le due voci (maschile e femminile). Chiari i riferimenti a Sonic Youth, Cure, Mazzy Star.

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10. MUM - Sing Along To Songs You Don’t Know (Morr)
Non poteva mancare all'appello una band islandese. L'Islanda ha una popolazione numericamente poco più elevata di quella di Verona, eppure producono più musica di qualità di quanto noi non facciamo in tutta Italia. Svolta notevole per i MUM, che dal solco di un genere che potremmo semplicemente definire icelandic, si muovono verso un giocoso alt-folk.

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